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Al cuore
dell'Intelligenza Artificiale

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La rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale (IA) ha raggiunto anche la medicina. 
In molti settori, tra cui quello cardiovascolare, l’IA può facilitare le diagnosi, indirizzare la scelta del trattamento più adatto al singolo paziente, contribuire a una medicina sempre più personalizzata. E potrebbe persino favorire l’equità delle cure.
Ma bisogna tenere a mente i rischi. 
Se il vero potere dell'IA risiede nella sua capacità di gestire e analizzare dati su larga scala, è altrettanto vero che questi dati portano con sé dei "bias" che possono essere temperati soltanto grazie all'esperienza del medico, capace di adattare le informazioni alla storia clinica di ciascuno. La sfida per i prossimi anni? Sfruttare al meglio il potenziale della tecnologia senza farsene dominare, e assicurarsi che la medicina rimanga una scienza umana, guidata dallo studio e dall'esperienza.


Traguardi, sfide, prospettive dell'IA
nel settore cardiovascolare

di Federico Mereta
Giornalista scientifico

Sarà il principio della fine, o la fine di un principio? Chi si occupa di IA, di Intelligenza Artificiale, non può non porsi questa domanda.
E non è per caso che la questione campeggi fin dall’inizio sul volume Robot Story, di Remo Guerrini, primo direttore di Focus negli anni 90 del secolo scorso.
Di certo c’è che potremmo trovarci di fronte ad un’arma a doppio taglio, anche e soprattutto se si parla di patologie cardiovascolari, con la necessità di “maneggiare con cura” informazioni, algoritmi e alberi decisionali.
Perché l’impatto dell’IA sulla pratica clinica del medico, e di conseguenza sullo stato di salute del paziente, può non essere sempre quello desiderato.
E di conseguenza il percorso formativo di chi si trova in prima linea nel processo di presa in carico deve essere cosciente non solo del potere dello strumento ma anche della possibile fallacia e del meccanismo di delega razionale che si può mettere in atto nel momento in cui ci si trova ad utilizzare i sistemi che sono in grado di gestire un numero di dati impressionante e di apprendere con l’aumento delle informazioni.


L’intelligenza artificiale deve “farsi leggere” dal medico

A metterci in guardia sui rischi di distorsione delle informazioni derivanti dall’IA, e proprio nella gestione di sintomi e segni potenzialmente legati a patologia croniche dell’apparato circolatorio, giunge uno studio apparso recentemente su JAMA, coordinato da Sarah Jabbour, Michael Sjoding, Jabbour Sjoding e Jenna Wiens del College of Engineering dell'Università del Michigan.1

L’indagine mostra come sia basilare che il medico non diventi solo una sorta di “ripetitore” delle informazioni ricevute dal sistema, ma prima di tutto le faccia sue, per comunicarle in modo corretto. 
Quindi occorre che la logica utilizzata dai modelli di intelligenza artificiale sia trasparente o comunque traducibile anche per la mente umana in modo che nel rapporto tra medico e paziente sia ben cosciente del percorso. 
Ed allora? Allora si ricade nella necessità del dialogo e della condivisione di informazioni. Questi sì, sono due elementi estremamente umani ma basilari nel percorso di un corretto rapporto tra sanitario e paziente. 

La ricerca, per la cronaca, mostra come anche con le spiegazioni fornite dall’IA, i medici possono essere ingannati da modelli di intelligenza artificiale distorti. In particolare, nell’analisi sono stati considerati dati relativi a pazienti con insufficienza respiratoria acuta, quadro clinico di difficile messa a fuoco. Eppure, in molti casi la sola competenza medica riesce già ad indirizzare la dispnea nel giusto verso. 

La ricerca mostra come l'accuratezza diagnostica di base dei medici si aggiri intorno al 73%. Il tutto, partendo da un percorso che dovrebbe essere agevolato dall’IA, visto che occorre considerare assieme storia del paziente, test di laboratorio e risultati dell'imaging per giungere ad una sintesi diagnostica quanto più possibile efficace.1
Lo studio ha quindi puntato a valutare l'accuratezza diagnostica di 457 medici ospedalieri, infermieri e assistenti medici con e senza assistenza da un modello di intelligenza artificiale.1

A ciascun medico è stato chiesto di formulare raccomandazioni terapeutiche in base alla propria diagnosi. La metà è stata randomizzata per ricevere una spiegazione dell'IA con la decisione del modello IA, mentre l'altra metà ha ricevuto solo la decisione dell'IA senza alcuna spiegazione. Ai medici sono state poi fornite vignette cliniche reali di pazienti con insufficienza respiratoria. Ed è a questo punto che è entrata in gioco l’intelligenza artificiale: è stato offerto infatti anche un modello di valutazione da parte dello strumento per aiutare il medico nella diagnosi, visto che il quadro legato a carenza di respiro (quella che tecnicamente si chiama dispnea) poteva essere legato a problemi cardiovascolari, come uno scompenso cardiaco, o piuttosto a patologia delle vie del respiro, come una polmonite o piuttosto una riacutizzazione di BPCO.

Attenzione però: lo studio non si è limitato al solo aspetto organico.  Nella metà dei partecipanti randomizzati per vedere le spiegazioni, al medico è stata fornita una mappa termica, o rappresentazione visiva, per valutare il modello IA della radiografia del torace, base per la diagnosi. 
Risultato: spiegare il percorso dell’IA significa molto. I medici a cui è stato presentato un modello di intelligenza artificiale addestrato a fare previsioni ragionevolmente accurate, ma senza spiegazioni, hanno avuto un aumento della precisione di 2,9 punti percentuali. Quando è stato fornito un chiarimento mirato, la loro precisione è aumentata di 4,4 punti percentuali.1

L’intelligenza artificiale deve analizzare
i dati con una logica trasparente
e comprensibile dalla mente umana,
in modo che il medico possa ricostruire
il percorso seguito dal modello IA

Intelligenza artificiale in medicina: per interpretarla
serve intelligenza


L’avvento dell’intelligenza artificiale (AI – artificial intelligence) in medicina è una rivoluzione sia tecnica che culturale e, come molte rivoluzioni, presenta luci ed ombre. L’AI ha già dimostrato il proprio potenziale in diverse applicazioni quali: il supporto alla diagnosi medica, la medicina personalizzata (analisi genomiche e modelli predittivi di risposta al trattamento), il supporto alla gestione del paziente da remoto e l’ottimizzazione dei processi amministrativi ospedalieri. Rimane, come principale sfida e limite, la difficile interpretabilità delle decisioni prese dalle reti AI, che ingenera anche una barriera all’adozione ed all’accettazione delle soluzioni AI da parte del personale medico, unita ad un’incertezza a livello di regolamentazione e responsabilità legale. Inoltre, essendo le prestazioni dei modelli AI fortemente dipendenti dalla quantità e tipologia di dati su cui sono stati sviluppati, c’è il problema del bias e delle discriminazioni rispetto a variabili che, potenzialmente, i modelli AI potrebbero non cogliere o interpretare correttamente.

Prof. Filippo Molinari
Vicerettore per il Piano strategico
Professore Ordinario di Bioingegneria al Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni del Politecnico di Torino


Gestire l’intelligenza artificiale attraverso l’intelligenza umana

Torniamo allora al “maneggiare con cura”, per capire cosa si può celare dietro una tecnologia destinata ad aiutarci a rimanere in salute.
Perché, come mostra lo stesso studio, i modelli che “ragionano” ed apprendono possono anche essere addestrati per offrire informazione distorte. E purtroppo sono suscettibili di scorciatoie o correlazioni spurie nei dati di addestramento. Insomma, ciò che conta è predisporre correttamente l’algoritmo che autoapprende.

Ad esempio, considerando solamente il genere, c’è il rischio che per la donna le informazioni di partenza in caso di patologie cardiache croniche vengano sostanzialmente sottostimate. Il risultato è che, con questa discriminante iniziale, anche l’IA possa validare eventuali pregiudizi che magari vanno a confermare la percezione che per la donna le malattie cardiovascolari siano sostanzialmente meno frequenti, quando invece, dopo la menopausa, tendono progressivamente a divenire la prima causa di mortalità. Il tutto, insomma, ci dice come se non si fa attenzione a possibili pregiudizi anche l’AI rischia di confermare, in negativo, i dati.


Il medico deve “addestrare”
la macchina con dati corretti.
Se le informazioni di partenza non sono accurate,
l’intelligenza artificiale rischia di restituire
risultati che confermano i bias umani


Insomma, l’uomo deve sempre avere la parola. Ed il medico deve giudicare il quadro, sfruttando il supporto tecnologico ma non facendosi sostituire da esso. Basilare rimane quindi il percorso formativo, soprattutto per chi si avvicina alla cardiologia, e più in generale alla medicina, in questo periodo di grande fermento tecnologico. Lo ha ricordato bene su Il Sole 24 Ore Paolo Fonio, Presidente del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino. 

“Probabilmente oggi, più che studiare l’intelligenza artificiale o usarla per studiare la medicina, bisogna avere il coraggio di preparare l’intelligenza umana a gestire quella artificiale – rivela l’esperto.  Bisogna avere il coraggio di dire chiaramente che il processo di crescita del futuro medico deve focalizzarsi sulla intelligenza umana prima di passare alla techné, all’applicazione dell’intelligenza artificiale. E fare questo, in un contesto di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, significa abituare i futuri medici a gestire la probabilità, la difficoltà e la complessità dei fattori in campo (che sono concetti ovviamente diversi e tra di loro concatenabili con infinite sfumature)”.

Insomma: la relazione interpersonale rimane un passaggio chiave per definire il percorso culturale e psicologico di chi è destinato a prendersi cura dell’altro. La capacità di relazione e la vita di relazione diventano fattori interconnessi per poter gestire, comprendere e umanizzare il rapporto medico-paziente. 
Ed allora? Allora, se terremo presente questo aspetto “l’intermediario tecnologico (anche l’AI), che obbliga e obbligherà la relazione medico-paziente ad affrontare una triangolazione medico-tecnologia-paziente sempre più stringente, potrà essere gestito, controllato e compreso, e non solo semplicemente (e pericolosamente) usato” – ha sottolineato Fonio.


I medici del domani dovranno allenare
la loro intelligenza per essere in grado
di individuare e concatenare 
tutti i fattori che entrano in gioco
nella cura dell’altro

L’aiuto della tecnologia, l’esperienza del medico

Umanità e tecnologia, quindi debbono viaggiare a fianco, a partire dal percorso didattico del futuro medico fino alle scuole di specializzazione.

Anche e soprattutto se si parla di cuore. L'IA in cardiologia, imitando le funzioni cognitive e i processi decisionali umani, può consentire ai sistemi di elaborare grandi quantità di informazioni mediche e di apprendere da modelli e tendenze all'interno di una grandissima mole di dati.

In questo senso, può trovare spazio applicativo in vaste aree del processo di presa in carico del paziente, a partire dalla definizione del profilo di rischio del soggetto per arrivare fino alla diagnosi, all’impostazione del trattamento, alla gestione delle informazioni derivanti dall’imaging, fino alla predizione futura della salute cardiovascolare.

Può quindi favorire l’accuratezza e l’appropriatezza nel percorso di cura, così da condurre verso interventi sanitari efficaci ed efficienti. Ma non dobbiamo mai dimenticare: “Handle with Care”. L’IA va inserita in un percorso che veda sempre il medico protagonista. Ed allora può davvero migliorare le prestazioni.

L’intelligenza artificiale in Medicina Interna:
una risorsa per affrontare la complessità
diagnostica e terapeutica


Negli ultimi anni, la Sanità ha subito un cambiamento significativo, caratterizzato da un aumento del numero di pazienti affetti da malattie croniche e condizioni di comorbilità.
Come specialisti della complessità, noi Medici Internisti ci troviamo ad affrontare una grande sfida nell’affrontare la complessità diagnostica e terapeutica di questi pazienti. Studi hanno dimostrato come l’intelligenza artificiale (IA) possa contribuire a migliorare i processi diagnostici particolarmente complessi che ci troviamo ad affrontare tutti i giorni in Medicina Interna. Lo stesso vale poi per la gestione delle terapie farmacologiche e non farmacologiche che si presenta particolarmente complessa nei nostri pazienti spesso fragili e multi-morbidi. L'IA può analizzare grandi quantità di dati clinici per ottimizzare le scelte terapeutiche, prevenire interazioni farmacologiche e adeguare le dosi in base alle condizioni specifiche del paziente. Nelle terapie non farmacologiche, può essere di ausilio nel personalizzare i piani di riabilitazione, suggerire cambiamenti nello stile di vita e monitorare l'aderenza alle terapie, migliorando gli esiti clinici e la qualità della vita. L’IA in Medicina Interna può essere un ausilio al medico e non un sostituto del Medico. Può aiutarci quindi a migliorare il management diagnostico terapeutico dei nostri pazienti e a risparmiare del tempo prezioso.
Per fare questo però sarà necessario formare dei Medici Internisti che possano essere capaci di utilizzare al meglio questa potenziale risorsa. Parimenti è sicuramente necessario che l’IA aumenti ulteriormente l’accuratezza delle informazioni fornite e che ci sia sempre una estrema chiarezza nei processi che l’IA utilizza per arrivare alle informazioni richieste.

Francesco Dentali
Presidente FADOI

L’intelligenza artificiale può favorire l’equità nella cura?

Non solo (possibili) miglioramenti clinici, comunque, si affacciano di fronte all’impiego di algoritmi di Machine Learning in cardiologia. 
Questo strumento, anche per i tumultuosi sviluppi tecnologici ed i conseguenti investimenti delle strutture sanitarie e delle Istituzioni sanitarie, potrebbe infatti diventare un mezzo per limare le differenze di accesso e di valore delle prestazioni non solo per i Paesi più poveri, ma anche per quelli a medio reddito. Con evidenti ripercussioni anche sotto l’aspetto economico, sanitario e sociale. 

Secondo l’ESC Cardiology Atlas (primo autore Adam Timmis) nei 55 paesi membri della Società Europea di Cardiologia studiati ci sarebbero oltre 3 milioni di decessi dovuti a queste patologie ogni anno: mediamente il 37,4% delle persone muore per questa causa.2

Ma pesano molto le differenze sociali e sanitarie.
I tassi di mortalità standardizzati per età risultano almeno due volte e mezzo più elevati nei paesi a medio reddito rispetto a quelli ad alto reddito. 
Stando ai dati riportati, la mortalità per malattie cardiovascolari è più alta nei paesi a medio reddito (46% di tutti i decessi negli uomini; 53% di tutti i decessi nelle donne) rispetto ai paesi ad alto reddito (30% di tutti i decessi negli uomini; 34% di tutti i decessi nelle donne).2 La stima degli anni di vita potenziali standardizzati per età persi è stata più di 3 volte superiore nei paesi a medio reddito rispetto ai paesi ad alto reddito. In questo senso, quindi, la diffusione dell’IA potrebbe diventare uno strumento per favorire l’ottimale accesso all’equità e, di conseguenza, alla salute. Sia in termini di prevenzione di malattie cardiovascolari sia per un’ancor migliore gestione di queste a partire dalle acuzie come l’infarto, per giungere fino alle cronicità come lo scompenso cardiaco. 


L’intelligenza artificiale
potrebbe contribuire a ridurre
il gap nella cura
tra Paesi a basso e medio reddito 
e Paesi ad alto reddito

Nei paesi membri dell’ESC (European Society of Cardiology) ci sarebbe il doppio dei cardiologi per milione di abitanti nei paesi ad alto reddito rispetto a quelli a medio reddito (rispettivamente 100 contro 55). Inoltre, i paesi a medio reddito hanno segnalato tassi inferiori per milione di interventi coronarici percutanei (rispettivamente 1.355 contro 2.330), impianto di valvola aortica transcatetere (4,0 contro 153,4) e impianto di pacemaker (147,0 contro 831,9) rispetto ai paesi ad alto reddito.2
Fonte: ESC Cardiology Atlas

Il valore dell’intelligenza artificiale in cardiologia

Le prove che mostrano il valore dell’IA nel processo decisionale clinico non mancano. Pensate solo al rischio di recidiva di ictus ischemico e all’identificazione di chi è più esposto ad un nuovo evento cerebro o cardiovascolare. 
Nel breve termine combinando competenza scientifica dello specialista ed intelligenza artificiale si possono creare le condizioni per proteggere al meglio il paziente, rispetto al solo controllo del neurologo. Migliorando addirittura di oltre un quarto (per la precisione del 25,6%) il profilo di rischio cardiovascolare del paziente in termini di nuovi ictus, infarti e morte per patologie cardiovascolari.3

A dirlo, limitando il tempo di follow-up a soli tre mesi dall’evento acuto – è lo studio Golden Bridge, condotto in 77 ospedali per un totale di oltre 21.000 pazienti colpiti da ictus, un terzo dei quali donne (età media 67 anni). Lo studio è stato coordinato da Zixiao Li, della Capital Medical University di Pechino.3

Fattori di rischio cardiovascolare: epidemiologia nei Paesi della ESC

Si stima che circa un quarto delle persone over-15 consumi prodotti del tabacco (25,4%), con tassi pari al 40,9% tra i maschi nei paesi a medio reddito. L'ipertensione interessa più di 4 persone su 10 di entrambi i sessi nei paesi a medio reddito rispetto a meno del 30% delle femmine e del 40% dei maschi nei paesi ad alto reddito. La prevalenza del diabete risulta del 7,7% nei paesi a medio reddito rispetto al 6% nei paesi ad alto reddito. Per il sovrappeso più di una persona su due risulta in eccesso ponderale e il 17% è obeso, con quadri simili per i paesi a medio e alto reddito.2

Fonte: ESC Cardiology Atlas

Grandi passi avanti che tuttavia non hanno ancora trovato una piena applicazione nella pratica clinica: uno studio condotto nel 2021 da Jecca Steinberg della Northwestern Feinberg School of Medicine di Chicago, e pubblicato su JAMA (Analysis of Female Enrollment and Participant Sex by Burden of Disease in US Clinical Trials Between 2000 and 2020) notava infatti come il bias relativo al sesso sia ancora presente, almeno negli studi condotti negli USA: l’analisi di circa 20.000 studi clinici pubblicati dal 2000 al 2020 mostra come in oncologia, neurologia, immunologia e nefrologia continui ad esserci una bassa rappresentatività delle donne.
In Asia le cose non vanno diversamente: nel 2020, uno studio di Xurui Jin del Global Heath Research Center, Duke Kunshan University, in Cina, mostrava come su 740 studi cardiovascolari condotti tra il 2010 e il 2017, solo il 38,2% dei partecipanti fosse di sesso femminile, così come in altri trial relativi ad aritmia, malattia coronarica, sindrome coronarica acuta e insufficienza cardiaca.
A preoccupare, come si diceva, non è solo la mancanza di donne sin dalle prime fasi della sperimentazione, ma anche la disattenzione verso il sesso nelle sperimentazioni con modello animale, tessuti o linee cellulari, dalle quali proviene la maggior parte dei dati sui nuovi farmaci: circa l’80% di questi studi non clinici utilizza solo animali maschi e cellule di sesso maschile.

Vogliamo trovare un’altra prova del potenziale valore dell’IA in cardiologia?

Ed allora, riflettiamo sull’importanza del controllo della coagulazione del sangue, ad esempio dopo un infarto.
Il medico deve bilanciare sempre, caso per caso, come interagire per ridurre il rischio di trombosi ed anche limitare il pericolo che insorgano emorragie e sanguinamenti. Ed allora, come prova quanto pubblicato su The Lancet: si può puntare su una tecnica, basata sull’intelligenza artificiale, capace di superare i limiti degli algoritmi di valutazione disponibili, portando l’accuratezza in termini di previsioni dal 70 al 90%.
Lo studio è stato coordinato dalla Cardiologia universitaria dell'ospedale Molinette della Città della Salute di Torino assieme al Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino ed a quello di Meccanica e Aerospaziale del Politecnico di Torino.4

Attraverso le potenzialità del Machine Learning con conseguente aggiornamento continuo del sistema informatico grazie ai dati che si aggiungono, sfruttando l’IA si può prevedere un miglioramento delle prestazioni predittive sui rischi futuri di un nuovo infarto o di emorragia.

La decisione sulla terapia migliore post-infarto deve soppesare i due rischi, se possibile oltrepassando i limiti di score di rischio e la competenza del singolo specialista. L’indagine, partendo dalle informazioni su decina di migliaia di pazienti, ha portato all’analisi con metodi matematico-computazionali apprendendo direttamente dai dati, senza il bisogno di conoscere nulla a priori sulle possibili relazioni tra i dati stessi.

Così, se gli score disponibili sono risultati sensibili per circa il 70% quando si è trattato di identificare la possibilità di un evento come un nuovo infarto o un sanguinamento, la precisione di questo nuovo punteggio di rischio si avvicina al 90%, riducendo statisticamente la possibilità di una non corretta diagnosi da tre a un solo paziente su dieci.4

Sono solo due esempi, sia chiaro. Ma occorre ragionare. Interrogarsi. Fare il punto. E sviluppare l’IA senza pregiudizi, riducendo il rischio di bias legati all’impostazione dell’algoritmo. Così davvero sarà un nuovo inizio.
In cardiologia e non solo.

Rimane però una certezza, peraltro amplificata dai tanti studi che si stanno sviluppando sul tema.
È fondamentale la presenza e la scelta del medico.
Ma soprattutto, a fare la differenza, sarà il percorso invisibile che il sistema di “machine learning” saprà condurre. Per non ritrovarsi dominati da algoritmi che sicuramente riescono ad incamerare dati da valutare in misura enormemente superiore alla mente umana. Ma che per le loro stesse caratteristiche, risentono di una sorta di “pregiudizio” da non sottovalutare mai: vengono costruiti su dati. E in base ai dati scelti, possono prendere vie di ragionamento perfette sul fronte tecnico, ma da adattare alla realtà di ogni persona.
Solo tenendo a mente questo, probabilmente, potremo in futuro fruire sempre di più di una tecnologia che può e potrà fare la differenza.


In ambito cardiovascolare, l’intelligenza artificiale
può aiutare a proteggere il paziente
da nuovi ictus e infarti,
e migliorare l’accuratezza delle previsioni


L’intelligenza artificiale sul mercato

La dimensione del mercato globale dell'intelligenza artificiale in cardiologia ha raggiunto 1,06 miliardi di USD nel 2022 e si prevede che varrà circa 20,35 miliardi di USD entro il 2032, crescendo a un CAGR del 34,38% durante il periodo di previsione dal 2023 al 2032. Il Nordamerica rappresenta attualmente il mercato più ampio.5

Fonte: https://www.precedenceresearch.com/artificial-intelligence-in-cardiology-market

Quanto “costano” le patologie cardiovascolari?

Si stima che le malattie cardiovascolari costino all'economia dell'UE 282 miliardi di euro all'anno, un costo di 630 euro a persona, che varia da 381 euro a Cipro a 903 euro in Germania. Del costo totale delle malattie cardiovascolari, il 46% è dovuto all'assistenza sanitaria, il 9% all'assistenza sociale, il 28% all'assistenza informale e il 17% alla perdita di produttività. In pratica, secondo dati presentati recentemente sulla base delle informazioni del 2021, nei 27 Paesi dell’UE il costo di queste patologie si aggirerebbe intorno ai 282 miliardi di euro.6
Fonte: Burden of CVD dell'ESC sviluppato in collaborazione con il Nuffield Department of Population Health dell'Università di Oxford  

Bibliografia
1. Jabbour S, Fouhey D, Shepard S, et al. Measuring the Impact of AI in the Diagnosis of Hospitalized Patients: A Randomized Clinical Vignette Survey Study. JAMA. 2023;330(23):2275–2284. doi:10.1001/jama.2023.22295 
2. Timmis A, Aboyans V, Vardas P, Townsend N, Torbica A, Kavousi M, Boriani G, Huculeci R, Kazakiewicz D, Scherr D, Karagiannidis E, Cvijic M, Kapłon-Cieślicka A, Ignatiuk B, Raatikainen P, De Smedt D, Wood A, Dudek D, Van Belle E, Weidinger F; ESC National Cardiac Societies. European Society of Cardiology: the 2023 Atlas of Cardiovascular Disease Statistics. Eur Heart J. 2024 Aug 27:ehae466. doi: 10.1093/eurheartj/ehae466. Epub ahead of print. PMID: 39189413. 
3. Li Z, Zhang X, Ding L, Jing J, Gu HQ, Jiang Y, Meng X, Du C, Wang C, Wang M, Xu M, Zhang Y, Hu M, Li H, Gong X, Dong K, Zhao X, Wang Y, Liu L, Xian Y, Peterson E, Fonarow GC, Schwamm LH, Wang Y. Rationale and design of the GOLDEN BRIDGE II: a cluster-randomised multifaceted intervention trial of an artificial intelligence-based cerebrovascular disease clinical decision support system to improve stroke outcomes and care quality in China. Stroke Vasc Neurol. 2024 Feb 2:svn-2023-002411. doi: 10.1136/svn-2023-002411. Epub ahead of print. PMID: 37699726. 
4. Machine learning-based prediction of adverse events following an acute coronary syndrome (PRAISE): a modelling study of pooled datasets, D'Ascenzo, Fabrizio Piroli, Francesco et al, The Lancet, Volume 397, Issue 10270, 199 - 207
5. https://www.precedenceresearch.com/artificial-intelligence-in-cardiology-market
6. https://www.escardio.org/The-ESC/Press-Office/Press-releases/Price-tag-on-cardiovascular-disease-in-Europe-higher-than-entire-EU-budget 

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